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Diritti, sicurezza e privacy dello smart worker

Che tu voglia chiamarlo lavoro agile o smart working, poco importa.  

Ciò che conta è che gli ultimi anni ci hanno regalato qualcosa di nuovo e utile! Una concezione del lavoro che concede autonomia e che ci libera da vecchie regole ormai datate. 

Lo smart working è l’evoluzione del lavoro di cui avevamo bisogno! 

Nello smart working non conta il processo, ma l’obiettivo: non importa se il dipendente preferisce lavorare di notte o di giorno, prendersi poche o tante pause. L’importante è che porti a termine il suo compito nel migliore dei modi.” -Domenico De Masi- 

Ad oggi, 44 milioni di utenti risultano svolgere, ogni giorno, smart working e per realizzare ciò, si è dovuto riflettere su alcuni aspetti di primaria importanza: la sicurezza e la privacy. 

Per approfondimenti:

Tasto blu con scritto: "Diritti sicurezza e privacy dello smart worker, Webinar gratuito"

Normativa sul lavoro agile

Il lavoro agile è definito come una prestazione di lavoro subordinato svolto con le seguenti modalità: 

  • Esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; 
  • Possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa distribuiti dal titolare 
  • Assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali. 

Al fine di normare questa realtà lavorativa, dal 2002 ad oggi sono state previste diverse misure normative dall’Accordo quadro Europeo sul telelavoro, fino alla legge 22 maggio 2017 n81. Il tutto contornato dalla nascita, tra il 2011 ed il 2012, del famoso osservatorio smart working del Politecnico di Milano. 

Anche il Testo unico in materia di salute e sicurezza prevede una regolamentazione dello smart working. In particolare, gli articolo 2, 4, 5 e 6 regolano rispettivamente lo svolgimento della prestazione lavorativa in regime di smart working, le misure di protezione dei dati, la responsabilità del datore di lavoro riguardo la fornitura e la manutenzione degli strumenti informatici o telematici e la tutela della salute e della sicurezza. 

Con particolare riferimento alla salute e alla sicurezza, i punti importanti dell’articolo sei del testo unico sono quattro e riguardano: 

  • La consegna allo smart worker di un’informativa nella quale sono individuati i rischi generali e specifici connessi al lavoro agile 
  • La fornitura di strumenti informatici o telematici conformi ai migliori standard tecnici e normativi ed il loro aggiornamento 
  • Il monitoraggio periodico delle condizioni di lavoro, mediante colloquio annuale nel quale si affronta la prevenzione dei rischi 
  • La cooperazione da parte del lavoratore nell’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro 

Il datore di lavoro, infatti, deve valutare le condizioni ambientali, la sicurezza sul lavoro e la postazione di lavoro ed i relativi strumenti e deve informare il lavoratore sulle misure preventive che possono aiutarlo a prevenire patologie (es. postura, posizioni delle mani sulla tastiera, etc…) 

Smart working e cyber security - Conclusioni: 

Un computer di casa o un dispositivo personale, per via degli utilizzi diversi (rispetto a quelli lavorativi), può essere maggiormente vulnerabile rispetto ad un computer o un dispositivo aziendale. Per tal motivo, e non solo, è importante attenersi alla normativa di settore che regola il rapporto tra datore di lavoro e dipendente ed assicurarsi che i dispositivi utilizzati, le piattaforme disponibili, le tecniche organizzative, la connessione di rete, le piattaforme e le app siano adeguate ai compiti da svolgere ed alla tutela della privacy e della sicurezza (es. protezione da attacchi informatici e prevenzione di patologie legate all’attività lavorativa). 

Al fine di essere di aiuto in tutte queste fasi, riproponiamo l’invito al webinar gratuito “Diritti, Sicurezza e Privacy dello smart worker” a cura di Marilena Failla che ti permetterà di approfondire questi argomenti. 

Buon lavoro, in sicurezza!

Tasto blu con scritto: "Diritti sicurezza e privacy dello smart worker, Webinar gratuito"


una bici della quale si vede la parte anteriore, quindi il manubrio, la ruota anteriore e parte del telaio. Sullo sfondo si vede l'asfalto con al di sopra di esso il disegno (segnaletica orizzontale) rappresentante una bicicletta stilizzata

Il Mobility Management e la mobilità nelle aree urbane

Il mondo sta cambiando e si sta colorando di verde.

Non è possibile negare quanto l’attenzione ai temi di sostenibilità ambientale aumenti di anno in anno, né è possibile negare quanto questo tema sia importante.  

Si è parlato di ambiente e sviluppo sostenibile in tutte le salse e tra gli argomenti ormai ad oggi più importanti non può mancare quello della trasformazione della mobilità 

Il mobility management è una sfida imminente e per tal motivo, insieme a questo articolo, offriamo gratuitamente l’accesso al webinar di approfondimento 

Sono necessari dei cambiamenti. Ma quali? 

È necessario lavorare su due aspetti fondamentali: le hard skill, intese come infrastrutture e rimodulazioni, e le soft skill: Intese come competenze, engagement e così via. 

Per fare ciò, ci si può orientare secondo tre paradigmi: 

  1. La bici al centro 
  1. I servizi al centro 
  1. Le persone al centro 

Ciò vuol dire, concentrare la progettazione della mobilità ponendo al centro la bici per via delle sue caratteristiche in termini di micro-mobilità, mobilità leggera, sostenibilità e qualità della vita, oppure, porre al centro le persone o i servizi a seconda se si vuole dare più importanza ai principali punti di spostamento della città di cui le persone usufruiscono o, appunto, ai servizi essenziali. 

Prendendo ad esempio Parigi: la progettazione si sta indirizzando verso il paradigma dei servizi al centro con l’obiettivo di dare la possibilità a tutti di raggiungere i servizi necessari e essenziali alla propria vita in quindici minuti. 

Riferimenti storici 

Il tema della sostenibilità ambientale è piuttosto recente. Fin dagli anni Novanta si è cominciato a discutere a livello globale della necessità di ridurre l’inquinamento e nel ‘97 vediamo infatti nascere la prima iniziativa che aveva come obbiettivo la riduzione delle emissioni.  

La timeline normativa: 

1997 - Protocollo di Kyoto: ben 180 paesi firmano il trattato internazionale per il surriscaldamento globale. 

1998 - Decreto Ronchiimpone alle aziende con più di trecento dipendenti in un'unica sede o con più di ottocento dipendenti distribuiti tra varie sedi la nomina di un Mobility Manager 

2000 - Decreto MinAmbienteviene istituito il ruolo del Mobility Manager di Area. 

2015 - Legge MinAmbienteviene istituito il Mobility Manager scolastico 

2020 - Decreto Rilancio: viene ridotta la dimensione minima delle aziende che devono avere un Mobility Manager. Tutte le aziende che hanno almeno cento dipendenti e che sono presenti in un comune di almeno cinquantamila abitanti devono averne uno. 

A conclusione di questa premessa ricordiamo che a livello comunale è previsto il Piano Urbano Mobilità Sostenibile (PUMS) e a livello regionale, l’Emilia Romagna, ha istituito il PRIT (piano regionale integrato dei trasporti). 

Cos’è un Mobility Manager? E come si distingue dal Mobility Manager di Area? 

Il Mobility Manager (MM) è qualcuno interno o esterno all’azienda che si occupa della stesura del piano spostamenti casa lavoro così da monitorare l’impatto ambientale e identificare i progetti che si intende seguire per ridurre quest’impatto. Il Mobility Manager di Area è una figura presente nei comuni con più di centocinquantamila abitanti che ha il compito di supportare e coordinare una determinata quantità di MM. 

Parliamo di figure che si occupano di tutto il processo di gestione della mobilità a partire dall’assessment iniziale, fino alla gestione delle relazioni con gli stakeholder interni ed esterni e che devono avere una serie di competenze che vanno da quelle tecnico/ingegneristiche fino a quelle di engagement. 

Infatti, il MM deve confrontarsi con diverse figure professionali tra cui: altri MM, i Mobility Manager di area, i componenti tecnici e politici degli enti pubblici e le aziende e società di trasporto pubblico, car sharingbike sharing e così via. 

Gli strumenti della mobilità dal punto di vista comunale. 

I comuni possono seguire alcuni accorgimenti in grado di incentivare diversi tipi di mobilità a seconda dei proprio obiettivi, nonché di effettuare anche dei controlli su di essa: 

  • Telecamere che non solo permettono un monitoraggio dei transiti, ma diminuiscono anche gli atti predatori. 
  • Piani urbanistici generali che permettono di pianificare gli spazi urbani in un’ottica sostenibile 
  • Piste ciclabili 
  • Adeguamento/rafforzamento dei trasporti pubblici 

Facendo in particolare riferimento alle piste ciclabili un esempio di spicco lo troviamo nella Food Valley Bike, grazie alla quale è possibile percorrere un percorso gastronomico tra Culatello di Zibello, Lambrusco, Cipolla Borettana, Anolino, Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e ancora tanto altro, Il tutto non solo collegando Parma con il fiume Po ma anche tantissimi altri luoghi, tra cui Busseto, Roccabianca, Colorno, Brescello e Guastalla. 

Parliamo di km di pista ciclabile perfettamente inserita nel contesto paesaggistico! 

Questo tipo di soluzioni, oltre ad incentivare il turismo sostenibile, stimolano anche i lavoratori a muoversi in bici e permettono una riduzione non indifferente delle emissioni di CO2 dovute agli spostamenti casa lavoro. 

Ma come può il mobility management trasformarsi in opportunità? 

Fondi europei e mobilità 

Urbanizzazione e mobilità (soprattutto sostenibile) sono la parte considerata più importante nel bilancio dell’unione europea 2021-2017. Tant’è che i bandi di erogazione di fondi legati a questi temi sono tanti e ne continuano a nascere di nuovi. 

Oltre tutto L’UE mette anche a disposizione delle città l’Agenda urbana dell’UE, con la quale è possibile determinare quelli che sono i temi prioritari che vanno tenuti in considerazione per orientare le attività e le tipologie di progetti in ambito cittadino, nonché venire a conoscenza di progetti portarti a termine o comunque ideati da altri decisori. In questo modo alcuni progetti potrebbero fungere da buon esempio e linea guida. 

L’attenzione verso il mobility management non solo può permettere un miglioramento generale della mobilità misto alla riduzione dell’inquinamento, ma può anche agevolare l’accesso ad eventuali finanziamenti previsti dall’unione europea. 

Ma come si accede ai fondi europei? 

A premessa c’è da segnalare che le opportunità di finanziamento in ambito UE hanno generalmente i seguenti elementi in comune 

  • Rispondono a regole specifiche descritte nel bando ed applicate nel formulario; 
  • Si basano su specifiche priorità e/o necessità; 
  • Si tratta di cofinanziamentiovvero finanziamenti che coprono una certa percentuale delle spese sostenute e ammesse dal bando; 
  • Vi deve essere un proponente (persona fisica o giuridica) che negozia direttamente con chi eroga il finanziamento e dei partner a supporto dell’attività (partenariato) oggetto del finanziamento; 
  • Hanno una scadenza, una frequenza ed una periodicità specifica. 

Sintetizzando: 

Ciascuna opportunità è regolata da un bando di finanziamento UE (che ne contiene le regole), da un formulario (che ne implementa le azioni) ed implica dei requisiti di punteggio e dei criteri di valutazione per ottenere degli specifici finanziamenti e, sia bando che formulario, fanno anche riferimento alle spese considerate “ammissibili” in quanto spese finanziabili. 

Una volta ammessi al finanziamento questo potrà essere erogato per intero oppure si potrà chiedere una lieve modifica dell’importo. Altrimenti, qualora non si venga ammessi, Il proponente e/o il/i partner possono richiedere all’ente che eroga il finanziamento di spiegare i motivi alla base della decisione e quindi modificare il proprio progetto, così da renderlo ammissibile (qualora sia possibile). 

Giunti a conclusione di questo articolo, è chiaro quanto sia importante il tema del mobility management! 

Per approfondimenti è possibile seguire gratuitamente il webinar “Il Mobility Management e la mobilità nelle aree urbane” e che ha visto come ospiti di eccellenza i Sindaci di Sorbolo Mezzani e Felino, Nicola Cesari ed Elisa Leoni, nonché Antonio Enrico Buonocuore (consulente di fondi e strumenti europei). 


Monopattino elettrico nero appoggiato ad una staccionata in legno ricoperta da rampicanti

Mobility management: obblighi di legge e profili professionali

Quali sono i presupposti generali e di legge che regolano il tema del mobility management?

Abbiamo pensato a un articolo introduttivo, il cui approfondimento è disponibile visualizzando il webinar gratuito Mobility management: obblighi di legge e profili professionali.

I temi trattati:

  • La mobilità, l’impatto ambientale e la nascita del Mobility manager;
  • Smart working, progetti di Corporate Social Responsability (CSR), sostenibilità, benessere aziendale e il ruolo del Mobility Manager (MM)

La mobilità, l’impatto ambientale e la nascita del Mobility Manager

Senza dubbio il Mobility Manager è un obbligo di legge ma è anche una vera e propria opportunità!

I vantaggi derivanti da questa attività riguardano la razionalizzazione dei tempi e dei costi, il miglioramento della soddisfazione dei dipendenti e del clima aziendale, nonché un miglioramento della reputazione generale dell’azienda. Oltretutto, il MM, riducendo i costi sanitari, migliorando i parametri ambientali, la qualità dell’ambiente urbano e il benessere dei cittadini, porta grandi benefici anche a livello collettivo.

Giusto per avere un’idea dell’impatto della mobilità in Italia, basti pensare che a Parigi solo il 17% delle persone si muove in auto, mentre in Italia, mediamente, il 50% delle persone utilizza l’auto per spostarsi[1].

Allo scopo di cambiare questa tendenza, sono stati ideati diversi strumenti: tra questi troviamo il Decreto Ronchi e il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Nello specifico, il PUMS si pone come obiettivi la realizzazione di sistemi per la mobilità efficaci ed efficienti, l’incentivazione della sostenibilità energetica e ambientale, il miglioramento della sicurezza legata alla mobilità e il miglioramento della sostenibilità socio-economica, mentre il decreto Ronchi ha istituito la figura del Mobility Manager.

PUMS: Piano urbano per la mobilità sostenibile – DM 4 agosto 2017 – Art.3: “le città metropolitane, gli enti di area vasta, i comuni e le associazioni di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, predispongono e adottano nuovi PUMS, secondo le linee guida di cui all’articolo 1, entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del presente decreto

Il Decreto Ronchi ha imposto la nomina di un Mobility Manager in tutte le aziende con con più di trecento dipendenti. Questa iniziativa è stata poi seguita dal decreto MinAmbiente, dalla legge Min ambiente, e infine dal Decreto Rilancio che ha ridotto la dimensione minima dell’azienda da trecento a cento dipendenti.

Per approfondimenti sul tema, consigliamo la visione del webinar gratuito: “Il Mobility Management e la mobilità nelle aree urbane

Smart working, progetti di CSR, sostenibilità, benessere aziendale e il ruolo del MM

Il Mobility management può interfacciarsi anche con gli aspetti di lavoro agile, di responsabilità sociale di impresa, di sostenibilità e di benessere aziendale.

Per le aziende, avvalersi del Mobility Manager significa migliorare la reputazione interna ed esterna, il clima aziendale, la capacità di attrarre e mantenere i talenti e quella di innovare. Il tutto contornato da riduzione dei costi e vantaggi fiscali. Ma quali figure assumono questa posizione?

La figura del MM può essere svolta da diversi profili. Quelli tipici sono:

  • Human Resource
  • Project Manager
  • Responsabile flotta
  • Dirigente
  • Responsabile Unico del Procedimento
  • Consulente esterno

Il Mobility manager è una figura consapevole in termini di sostenibilità economica ed ambientale che deve essere in grado di veicolare un cambiamento coinvolgendo gli altri verso delle modifiche negli spostamenti casa lavoro in un’ottica sostenibile

Con questa affermazione, è facile comprendere perché tra le figure elencate troviamo appunto i responsabili delle risorse umane e il project manager. Ma perché il responsabile di flotta?

Modificare lo spostamento di una persona è senza dubbio molto importante, ma è facile comprendere che, ad esempio: “cambiare 100 auto aziendali in 100 auto elettriche o a metano può fare molta più differenza”. Il responsabile di flotta quindi porta con sé vantaggi sui grandi numeri, ma non è facile, con questa figura, coinvolgere i singoli individui.

Per approfondimenti invitiamo a seguire il webinar gratuito Mobility management: obblighi di legge e profili professionali.

[1] Come si viaggia in Europa: Italia in vetta per utilizzo di mezzi privati - Info Data (ilsole24ore.com)


Sfondo blu con, in celeste, la mappa dell'europa ed una rappresentazione grafica di un portatile con sul desktop l'immagine di un lucchetto

Cybersecurity e smart working

In tempi di Covid-19 il tema del lavoro agile è diventato centrale ed inevitabilmente legato con la necessità di tutelare la privacy e la sicurezza sul lavoro.

In particolare, per ciò che riguarda la Privacy, con questo articolo proviamo a definire che bisogna sapere in termini di accesso ai dati e condivisione degli stessi e al termine di esso abbiamo messo a disposizione un webinar gratuito tenuto da un’esperta.

Le criticità dello smart working. L’altra faccia della medaglia.

Ogni giorno 44 milioni di utenti lavorano in smart working. Questi, per via del buon equilibrio vita lavoro, dell’autonomia organizzativa, e della soddisfazione lavorativa che ne scaturisce usufruiscono di benefici non indifferenti. Ma lo smart working non è solo rose e fiori. Ad esso, si legano anche possibili difficoltà di comunicazione da remoto, percezioni di isolamento, possibili distrazioni esterne e soprattutto attacchi informatici.

L’Italia è infatti bersaglio tanto bramato dagli Hacker. Si stima, che le credenziali di log in convalidate vengano pagate da 50 centesimi a tre dollari l’una. Siti di online banking, vendita al dettaglio, gaming ed altre piattaforme di intrattenimento come Netflix sono i bersagli prediletti.

Nel 2018 sono stati rilevati oltre 100milioni di tentativi di accesso ostili ogni giorno. Un totale circa di 30miliardi di credenziali scambiate.

Questi numeri spaventano!

È quindi essenziale, ai fini della protezione, la consapevolezza riguardo le migliori pratiche da seguire per proteggersi, ma anche, per quanto riguarda le aziende, seguire degli iter di sicurezza specifici.

Bisogna tener conto della normativa di settore che regola il rapporto tra datore di lavoro e dipendente, dei dispositivi e delle piattaforme utilizzate, degli obblighi tra le parti, delle tecniche organizzative e degli accorgimenti che possano difendere preventivamente dagli attacchi informatici.

Il lavoratore, infatti, per legge, va informato adeguatamente sull’uso dei dispositivi di controllo e sulle modalità di effettuazione degli stessi.

D.lgs.n. 151/2015, articolo 23: Se il lavoratore non è stato informato adeguatamente sull’uso dei dispositivi di controllo e sulle modalità di effettuazione dei controlli, i dati raccolti non potranno essere usati dal datore di lavoro per alcuna finalità, neanche sanzionatoria.

Ma quanto siamo Cyber sicuri in Italia?

Unioncamere ha svolto un test online di maturità digitale su 18mila imprese dal quale è emerso che quasi quattro aziende italiane su dieci sono dotate di sistemi cloud e solo tre su dieci sono equipaggiate per proteggere le connessioni da remoto con strumenti necessari per garantire sicurezza nella gestione dei dati.

Tramite questa ricerca si evidenzia anche il gap tecnologico presente tra le imprese del sud e quelle del nord-ovest e che, a livello nazionale, dobbiamo aggiornarci in termini di Cyber security.

Sud: il 27% possiede il cloud; il 17% possiede strumenti per l’utilizzo a distanza dei dati in sicurezza

Nord-Ovest: sistemi cloud (40%); strumenti di cybersecurity (37%)

Come implementare cybersecurity e smart working:

È importante, nell’implementare lo smart working, assicurarsi che gli utenti siano adeguatamente informati dei rischi e dei sistemi di protezione, che si abbia una struttura ICT (information and communication technologies) all’avanguardia, che si utilizzino antivirus e cyber controlli sui dispositivi, nonché cercare il più possibile di evitare l’errore umano.

Occorre fare uso di strumenti idonei a proteggersi da minacce esterne ed interne all’azienda e tutelarsi anche dal punto di vista tecnico. Disponibilità di computer o notebook, connessione Internet, disponibilità di webcam, microfono, smartphone, tablet e affini. Tutto deve essere ben funzionante!

Per un maggiore approfondimento abbiamo aggiunto a quest’articolo, il webinar gratuito tenuto da Marilena Failla, docente e consulente specializzata in materie Gius-lavoristiche e diritto di impresa.

In aggiunta, trovi qui dieci consigli per migliorare la cyber sicurezza:

  1. Backup giornaliero (HD, flash drive, etc.);
  2. Password (almeno 8 caratteri con caratteri speciali);
  3. Antivirus;
  4. Allegati (attenzione alle e-mail ingannevoli);
  5. Social Engineering (non condividere informazioni sensibili con terzi non autorizzati);
  6. VPN (usa sempre connessioni sicure);
  7. Condivisione (non utilizzare gli strumenti di condivisione dati pubblici. es. WeTransfer);
  8. Crittografia (utilizza strumenti di crittografia della posta elettronica per la condivisione di dati sensibili);
  9. Implementa e segui procedure di sicurezza;
  10. Accessi (traccia gli accessi degli utenti ai sistemi e postazioni di lavoro).